Guida semiseria per riconoscere un medico italiano e un medico africano

Giulia, 26 anni
Neolaureata Università di Verona

Sorridi alla vita e la vita ti sorriderà.
Io ero qui:
Wolisso,
Etiopia
24/06/2015 - Un mese trascorso in Africa a guardare la salute con altri occhi, a scoprire l’assistenza sanitaria dall’altra parte del mondo. E mi sono chiesta quali sono poi le differenze tra un medico in Italia e un medico in Africa.
La formazione innanzitutto: il medico in Africa deve sapere “un po’ di tutto” e si dedica da un punto di vista epidemiologico a patologie anche molto diverse da quelle che ci sono in Italia. L’inquadramento della malattia, come fare diagnosi e come impostare la terapia devono essere ben chiari nel tuo cervello e nella tua memoria. Spesso non c’è internet che può aiutarti, non ci sono mille specialisti a cui richiedere consulti. Ci sei tu, la tua preparazione, e perché no, anche dei bellissimi libroni da consultare quando non sai dove sbattere la testa. Ci sono medici con una preparazione poliedrica, chirurghi che sanno gestire quasi ogni situazione.
Le risorse: un medico in Africa ha risorse strumentali, laboratoristiche, terapeutiche molto diverse e limitate rispetto a quelle che ha disposizione il medico in Italia. L’anamnesi e l’esame obiettivo sono fondamentali per poter inquadrare un paziente poiché spesso le metodiche diagnostiche sono carenti e se ci sono anche il loro utilizzo non è scevro da difficoltà. La macchina per i raggi X è rotta per mesi perché deve arrivare il tecnico dalla capitale, i reagenti per l’emocromo sono finiti e chissà quando arriveranno. I farmaci sono pochi e costosi. Devi affrontare situazioni anche molto pesanti da un punto di vista emotivo, pazienti che sono destinati a morire perché non c’è una cura disponibile; una cura che magari in Italia potremmo recuperare con relativa semplicità. Basti pensare agli antibiotici. E lì capisci di non avere nessun merito, di essere solo nato per caso o per fortuna nella parte più ricca del mondo.
Il rapporto col paziente: il rapporto di fiducia è molto più concreto e motivato, spesso determinante per l’efficacia della diagnosi e della cura. Sai che se non porti il paziente a fidarsi di te lo perderai, non seguirà la terapia, non farà il follow up. In Italia invece si ha più paura dei risvolti medico-legali.
L’emozione: il medico africano è un medico con un cuore enorme, che arriva a mettersi in gioco da ogni punto di vista. Quel medico è anche una persona che deve imparare a dominare quel cuore, a non lasciarsi coinvolgere troppo per non farsi distruggere. In Africa i colori sono amplificati, la luce sembra essere più luminosa, il caldo più caldo. E così anche per le emozioni: il dolore può essere fortissimo e la gioia immensa. Essere medico in Africa non è semplice, fa mettere in discussione le proprie priorità e scala di valori.
Lasci in Africa un pezzo di cuore e porti a casa un pezzo di Africa.

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