Comunicare e imparare

Alessia, 24 anni
Neolaureata da Anagni (FR)

Adoro lo sport e non sopporto il caldo.
Io sono qui:
Wolisso,
Etiopia
22/04/2015 - Comunicare non è facile. Soprattutto quando il tuo inglese è un po' arrugginito, e il loro inglese è sporcato da un fortissimo accento amarico, che lo rende chiuso e veloce, quasi incomprensibile.
Eppure se non capisci qualcosa ci sarà sempre qualcuno pronto a ripetertela. Se c'è un paziente da visitare, ci sarà sempre qualcuno pronto a chiamarti per farti mettere una mano sull'addome in esame.
Magari le tecniche saranno un po' meno aggiornate che in Italia, gli interventi un po' più aggressivi e le diagnosi più basate sull'obiettività che sugli esami (da richiedere con parsimonia, nei casi più difficili) e quindi a volte più flessibili, ma qui c'è qualcosa che in Italia è davvero difficile trovare e che va al di là delle difficoltà comunicative: la voglia di insegnare.
Non importa che tu sia infermiere o health officer, italiano o etiope! Se qualcuno sa qualcosa in più la mette a disposizione di tutti.
Le domande del "doctor" ai suoi discepoli non sono poste con la finalità di mettere in difficoltà o in imbarazzo, ma solo quella di spronare a migliorarsi. E se non rispondi alla domanda non vuol dire che sei stupido, ma solo che hai bisogno che qualcuno in quel momento ti rinfreschi la memoria.
Sarebbe bello se anche quei nostri grandi professoroni italiani, troppo spesso concentrati egoisticamente su loro stessi, acquisissero questa voglia di diffondere la propria scienza, prendendo esempio da chi ogni giorno impiega il proprio sapere al meglio per offrire una tutela della salute che non venga limitata dalla scarsità dei mezzi, e per questo sa che la diffusione della conoscenza è l'arma più forte per il bene collettivo.

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