Persi a Ipogoro

Giovanni, 24 anni
Università di Udine, V anno di Medicina

Confesso di non aver mai puntato con convinzione a medicina. Di non essermi mai immaginato di partire per l'Africa. Neppure di scrivere su un blog. Ora, eccomi qui. La vita si svela a piccoli gradini..
Io sono qui:
Tosamaganga,
Tanzania

10/10/2016 - “Qui! Scendete qui! Siamo a Iringa!” ci urla Paul in italiano, mentre il suo piede già abbandona l'ultimo gradino del bus. Io e Alessandro ci guardiamo perplessi. Alzo le spalle e decido di fidarmi: prendo il mio zaino e comincio a scendere. Il mio compagno di viaggio, poco convinto, afferra il suo bagaglio e prima di smontare si rivolge all'autista: “Iringa?”
“Yes, Iringa, Iringa!”
“Ok. Asante.”
Quando tocchiamo terra, Paul, il ragazzo tanzano che parla italiano, conosciuto nell'unica tappa di questo lungo viaggio in bus, è già sparito.

Guardiamo a malincuore la corriera ripartire, quella nave che scorre sull'asfalto che ci ha cullato per una decina di ore. Mentre sparisce, inaspettatamente mi accorgo che mi dispiace abbandonare quel sferragliante veliero. E' l'addio ad una certezza, ad un posto sicuro. Ora siamo soli io e Alessandro, naufragati in questo posto polveroso e pieno di gente. Prima che ce ne rendiamo conto veniamo circondati da una folla di taxisti, fattorini e autisti in cerca di clienti. Ognuno ci chiede dove vogliamo andare, dove siamo diretti, qual è la nostra destinazione. Nella selva di taxi parcheggiati, ape-car adattate al trasporto di persone, moto-taxi, furgoni stipati di gente, cerco di individuare qualcuno con in mano il cartello “CUAMM”.
Nessuno.
Completamente spaesati e con le facce stravolte, cerchiamo di districarci dalla raffica di domande e richieste con risposte evasive, ampi dinieghi e disinteresse alle offerte. Il nostro sguardo continua a cercare l'autista che dovrebbe essere lì ad attenderci e che non c'è. Il piano A sembra essere fallito, qual è il piano B?! 
Attorniati dai taxisti riesco a malapena a sentire Alessandro che suggerisce di spostarci più in là per ragionare con calma. Attraversiamo la strada e finalmente ci liberiamo della folla umana. Piano B, piano B, piano B. “Chiamiamo Mazele”. Mazele, che ci è venuta a prendere in aeroporto, che ci ha portati a cambiare i soldi, che ci ha infilati in questa corriera e che ora ci informa che l'autista è lì che ci aspetta, alla stazione centrale di Iringa. “Ok.. Grazie Mazele”. Già. Però noi non vediamo nessuno. 
Mentre il sole cala e disegna le lunghe ombre delle nostre valigie, un ragazzo si avvicina per chiederci dove siamo diretti. Disperati, rinunciamo alla nostra caparbia prudenza e sospettosità, e gli spieghiamo la situazione: “We are waiting for our driver here in Iringa central station.. But we don't see him”.
La risposta che temevamo arriva: “This is not Iringa central station”.
Ecco.
“This is Ipamba station. Of course we are inside Iringa region, but Iringa is at the top of the hill”. 
Il ragazzo misura l'effetto delle sue parole sulle nostre facce. Mentre ci rendiamo conto di essere scesi in una stazione sbagliata, lo ringraziamo ancora sgomenti. Ovviamente ne approfitta per chiederci se vogliamo andarci con il suo taxi. Pronuncio un debole “No, thanks” e chiamo ancora la buona (ma un po' irritata) Mazele. Avvertirà lei stessa il taxista di scendere fino qui a Ipogoro. 
Aspettiamo ancora, ormai nella semioscurità. Poi due fari accesi di la carrozzeria bianca. Scende il taxista con il cartello “CUAMM”. Tutto come previsto, no?.

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