Guestbook, kitabu cha wageni, diario degli ospiti.

È usanza che nei villaggi africani ce ne sia uno e chi passa di lì, per starci un giorno o per fermarsi nel tempo, metta il proprio nome e la data. Si registrano così partenze, passaggi, arrivi, persone, ma solo si possono immaginare le storie che portano con sé.
Prende spunto da questa tradizione africana il nostro guestbook: un libro che ci racconta l'Africa vista con gli occhi degli studenti del SISM – Segretariato Italiano Studenti di Medicina che decidono di trascorrere un mese della propria carriera universitaria in uno dei progetti di Medici con l'Africa Cuamm. Da Tosamaganga, in Tanzania, o da Wolisso, in Etiopia, saranno proprio gli studenti a raccontarci mese dopo mese non solo arrivi e partenze ma anche pensieri, scorci, vite di un mondo lontano dalle aule universitarie da cui sono partiti.
Ma lontano, poi, esiste davvero?
Wolisso project. SISM con l'Africa.
Dalle aule universitarie alla terra rossa dell'Africa sub-sahariana il passo non è poi così difficile da compiere: ci vuole energia, desiderio di conoscenza, voglia di mettersi in gioco e scoprire la medicina di un luogo 'altro'. (…)

L'ospedale

Maria Elisabetta, 25 anni
Laureata. Putignano (Bari)


Io sono qui:
Tosamaganga,
Tanzania

13/05/2015 - Per tanti aspetti sono stata colpita dall'ospedale di Tosamaganga che sto frequentando da circa 2 settimane.
Per cominciare non mi aspettavo di trovare una struttura che nel complesso è "solida" e in buono stato e che, anche se tutta al "piano terra", non si discosta così tanto dalle nostre strutture.
Allo stesso tempo il personale ospedaliero e' ben rappresentato, sicuramente meno specializzato ma pronto a diverse evenienze. E' chiaro infatti non trovarsi di fronte ad una realtà ultraspecializzata. L'ospedale infatti si articola e si fonda su quelle che sono le discipline di base, essenziali: la medicina interna, suddivisa nel reparto maschile e in quello femminile, la chirurgia e la traumatologia, la ginecologia e la pediatria. soprattutto in questi ultimi 2 reparti sto "vivendo" il mio tempo.

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Bagaglio

Letizia, 25 anni
Trieste - V anno di Medicina

Mi piace la montagna e il profumo della pioggia d'estate, penso che il miglior mezzo di trasporto siano i propri piedi, mi piace camminare e condividere la strada.
Io sono qui:
Tosamaganga,
Tanzania

12/05/2015 - Questa avventura si conclude con una valigia smarrita e uno zaino pieno: in senso fisico, perchè la valigia si è davvero persa a Istambul mentre noi correvamo (nel più vero senso del termine!) a prendere il volo che ci avrebbe riportato a casa, e in senso metaforico.
Avviso al lettore, se poi è più di uno tanto meglio: prima di partire non avrei voluto sapere tutte le cose che sto per descrivere qui sotto, è stata una bella sorpresa scoprirle pian piano, quindi, se hai voglia di metterti in viaggio con lo stesso spirito consiglio di non proseguire o, se proprio sei curioso di sapere che fine ha fatto il bagaglio smarrito, passa alle ultime righe!

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Le prime sensazioni

Maria Elisabetta, 25 anni
Laureata. Putignano (Bari)


Io sono qui:
Tosamaganga,
Tanzania

07/05/2015 - ...ho sentito di essere pervasa da più timori e paure di quanto potessi immaginare (penso "all'assedio umano" alla stazione di Dar, alle prime passeggiate in una natura selvaggia e imprevedibile e anche ahimè all'assistere al parto di una donna HIV positiva;
ho sentito di non provare noia in situazioni in cui "normalmente" sarebbe scattata automatica;
ho sentito di non poter esprimere giudizi morali o sulla felicità;
ho provato un sentimento duplice e controverso al saluto per strada di "perfetti sconosciuti": mi sono sentita diversa ma forse anche accolta;
ho sentito una strana coesistenza di arcaico e selvaggio.
Sento che quei bambini in divisa scolastica che vedo camminare ogni giorno a fine giornata possano essere la risorsa e la speranza più grande per questa terra difficile..

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Siamo arrivate a Dar in piena notte...

Gaia
Neolaureata di Torino

Mi piace leggere i libri. Non mi piace chi si sfoga sui più deboli e sfortunati.
Io sono qui:
Tosamaganga,
Tanzania

07/05/2015 - Siamo arrivate a Dar in piena notte e ci siamo addentrate in un'umiditá tale che a momenti ci soffocava. Come prima cosa sono stata morsa da due zanzare sugli unici spazi di pelle nuda (i piedi) e mi è preso un attacco di ipocondria, da buona neodottoressa.
Le persone in città sembrano una raccolta di ambivalenze, dalla gentilezza estrema a un incredibile voglia di ingannarti, chiunque tu sia; in questo caso la non conoscenza della lingua forse è un punto a nostro favore perché possiamo fingere di non capire! I bambini sono tutti curiosi come se vederci equivalesse per loro ad accendere la tv! Siamo andati a visitare il "museo nazionale" e lì un bambino mi ha incastrata in un angolo per insegnarmi a leggere in swhali: in breve tempo ero accerchiata da 30 bambini senza alcuna possibilità di raggiungere il mio gruppo!

gaia 1

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When the child smiles it is time to discharge him

Letizia, 25 anni
Trieste - V anno di Medicina

Mi piace la montagna e il profumo della pioggia d'estate, penso che il miglior mezzo di trasporto siano i propri piedi, mi piace camminare e condividere la strada.
Io sono qui:
Tosamaganga,
Tanzania

29/04/2015 - Con queste parole siamo entrati per la prima volta nella stanza che accoglie bambini malnutriti.
L'impatto è forte: l'odore è quello di F75, latte arricchito, scaldato in una tazza di plastica sulla stufa elettrica; il clima è tropicale anche se fuori c'è qualche nuvola e un po' di vento, l'ipotermia è un rischio; all'udito c'è silenzio, pochi lamenti e qualche parola di swahili; aprendo gli occhi mi passa davanti l'immagine del libro di storia del '900, la fame ha sempre lo stesso volto. Ogni bambino ha la sua fisionomia che povertà ed educazione fanno diventare Marasma o Kwashiorkor.
Marasma non ti inganna, ha gli occhi infossati, le mani deboli, le ossa sporgenti e spesso resta steso. 
Kwashiorkor invece è paffuto, ha un viso bello tondo, le mani e i piedi grossi, aspetta seduto.

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Integrarsi

Alessia, 24 anni
Neolaureata da Anagni (FR)

Adoro lo sport e non sopporto il caldo.
Io sono qui:
Wolisso,
Etiopia
27/04/2015 - Ti accorgi di essere perfettamente inserita nell'ambiente quando un mulo ti attraversa la strada e la cosa ti sembra assolutamente normale.alessia 4

Malnutrizione

Giordano, 24 anni
Trieste - VI anno di Medicina

Mi piace il freddo, i colori, la natura, il calore della gente.
Io sono qui:
Tosamaganga,
Tanzania
26/04/2015 - "Non vi preoccupate per me: alla Guest House ci riempiono di cibo, quindi non tornerò più magro di quello che sono. Le dada (in swahili significa "sorelle") che cucinano anche per noi sono delle esperte nell'unire le specialità italiane con la frutta e la verdura locali (rigorosamente fritte: dalle patatine alla banana, passando per la zucca). Infatti, questa zona è particolarmente ricca di alberi da frutto: nel nostro giardino crescono mango, papaia ed avocado, ma lungo la strada ci sono banane, mtopetope (cercatelo su internet, ma il gusto è quello di un budino alla vaniglia), molte banane, alcune specie di pompelmi, altre banane. Sullo sfondo, invece, dominano le piantagioni di girasoli e di pannocchie (i più triestini di voi avranno pensato che il paesaggio è simile al Friuli: ebbene è così!); dai girasoli si ricava l'olio, mente con la farina di mais ci fanno il piatto tipico: l'ugali, una specie di polenta. A completare il quadro ci sono gli animali allevati: in molte bancarelle si arrostisce la carne di una specie di mucca o di capra, mentre in altre si vendono le uova delle galline che sono libere di scorrazzare in mezzo al mercato. Come dire che nel distretto di Iringa c'è tanto e vario cibo!

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Comunicare e imparare

Alessia, 24 anni
Neolaureata da Anagni (FR)

Adoro lo sport e non sopporto il caldo.
Io sono qui:
Wolisso,
Etiopia
22/04/2015 - Comunicare non è facile. Soprattutto quando il tuo inglese è un po' arrugginito, e il loro inglese è sporcato da un fortissimo accento amarico, che lo rende chiuso e veloce, quasi incomprensibile.
Eppure se non capisci qualcosa ci sarà sempre qualcuno pronto a ripetertela. Se c'è un paziente da visitare, ci sarà sempre qualcuno pronto a chiamarti per farti mettere una mano sull'addome in esame.
Magari le tecniche saranno un po' meno aggiornate che in Italia, gli interventi un po' più aggressivi e le diagnosi più basate sull'obiettività che sugli esami (da richiedere con parsimonia, nei casi più difficili) e quindi a volte più flessibili, ma qui c'è qualcosa che in Italia è davvero difficile trovare e che va al di là delle difficoltà comunicative: la voglia di insegnare.
Non importa che tu sia infermiere o health officer, italiano o etiope! Se qualcuno sa qualcosa in più la mette a disposizione di tutti.
Le domande del "doctor" ai suoi discepoli non sono poste con la finalità di mettere in difficoltà o in imbarazzo, ma solo quella di spronare a migliorarsi. E se non rispondi alla domanda non vuol dire che sei stupido, ma solo che hai bisogno che qualcuno in quel momento ti rinfreschi la memoria.
Sarebbe bello se anche quei nostri grandi professoroni italiani, troppo spesso concentrati egoisticamente su loro stessi, acquisissero questa voglia di diffondere la propria scienza, prendendo esempio da chi ogni giorno impiega il proprio sapere al meglio per offrire una tutela della salute che non venga limitata dalla scarsità dei mezzi, e per questo sa che la diffusione della conoscenza è l'arma più forte per il bene collettivo.

Pranzo equilibrato in health center

Letizia, 25 anni
Trieste - V anno di Medicina

Mi piace la montagna e il profumo della pioggia d'estate, penso che il miglior mezzo di trasporto siano i propri piedi, mi piace camminare e condividere la strada.
Io sono qui:
Tosamaganga,
Tanzania
20/04/2015 - Pranzo equilibrato in health center.
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Telefono senza fili

Astrid, 25 anni
Neolaureata da Treviso

Amo la nutella e non sopporto gli scarafaggi volanti.
Io sono qui:
Wolisso,
Etiopia

18/04/2015 - La comunicazione medico-paziente risulta un po' complessa. Vuoi sapere se il bimbo ha la diarrea. "Diarrhoea?" domando con il mio super inglese all'infermiere etiope. Questi traduce in amarico o in oromifa (la lingua di questa regione) al paziente. Segue lunga conversazione tra l'infermiere e il paziente, io posso solo seguire con lo sguardo prima uno poi l'altro osservando le espressioni preoccupate o serene o divertite e immaginando cosa si stanno dicendo. infine, dopo svariati minuti e molte parole, l'infermiere si gira verso di noi e dice: "no diarrhoea".
Questo telefono senza fili si complica poi quando il paziente non parla né amarico né oromifa, ma un'altra lingua di un'altra regione: ecco che intervengono altri pazienti ad aiutarci, e la catena si allunga! Il dottore domanda all'infermiere, che traduce al paziente vicino, che traduce al paziente che stiamo visitando... e la risposta poi viaggia attraverso tre persone per tornare indietro ed arrivare a noi.
Processo a volte molto lungo, pare che ad ogni step ciascuno debba dire la sua, ma di solito funziona!!
All'inizio mi sembrava che in questo modo il medico fosse lontano anni luce dal paziente e dai suoi bisogni. Riscopro invece l'importanza di un sorriso, una faccia preoccupata, una mano sulla spalla per incoraggiare o una mano tesa ad aiutare.
Qui, di sicuro, c'è più comunicazione in un piccolo gesto che in tante parole.

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