Guestbook, kitabu cha wageni, diario degli ospiti.
È usanza che nei villaggi africani ce ne sia uno e chi passa di lì, per starci un giorno o per fermarsi nel tempo, metta il proprio nome e la data. Si registrano così partenze, passaggi, arrivi, persone, ma solo si possono immaginare le storie che portano con sé.Prende spunto da questa tradizione africana il nostro guestbook: un libro che ci racconta l'Africa vista con gli occhi degli studenti del SISM – Segretariato Italiano Studenti di Medicina che decidono di trascorrere un mese della propria carriera universitaria in uno dei progetti di Medici con l'Africa Cuamm. Da Tosamaganga, in Tanzania, o da Wolisso, in Etiopia, saranno proprio gli studenti a raccontarci mese dopo mese non solo arrivi e partenze ma anche pensieri, scorci, vite di un mondo lontano dalle aule universitarie da cui sono partiti.
Ma lontano, poi, esiste davvero?
Dalle aule universitarie alla terra rossa dell'Africa sub-sahariana il passo non è poi così difficile da compiere: ci vuole energia, desiderio di conoscenza, voglia di mettersi in gioco e scoprire la medicina di un luogo 'altro'. (…)
L'arcobaleno di Tosamaganga
Letizia, 25 anni Trieste - V anno di Medicina Mi piace la montagna e il profumo della pioggia d'estate, penso che il miglior mezzo di trasporto siano i propri piedi, mi piace camminare e condividere la strada. |
Io ero qui: Tosamaganga, Tanzania |
28/07/2015 - A Tosamaganga, quando piove, si vede il sole quasi ogni pomeriggio: un colore solo non è sufficiente per descrivere il luogo in cui abbiamo vissuto.
Per me Tosa è verde, tanto verde e molto intenso perché la pioggia lo ravviva ogni giorno.
E' blu e rosa il cielo al tramonto e bianche non sono le nuvole ma è l'ugali (ve la ricordate la polenta che mangiano i bambini?).
Il nero è notte ed i sacchetti di plastica per la spesa.
Compagne di viaggio
Marta, 23 anni V anno di Medicina, Università degli studi di Milano Amo fotografare, mettermi alla prova e mettere sempre un piede davanti all’altro. Non mi piace l’uovo sodo,perdere tempo e viaggiare con una gallina sul sedile di fianco. |
Io ero qui: Tosamaganga, Tanzania |
27/06/2015 - I viaggi sono anche le persone che incontriamo, quelle con cui dividiamo un pezzo di strada, che continuiamo a portare con noi anche una volta rientrati.
Parte del mio viaggio è stata la dottoressa Marta L.
Il mal d’Africa si cura…tornandoci
Giulia, 27 anni Specializzanda in Malattie Infettive a Padova Cerco di vedere il lato positivo in tutte le cose, persone ed eventi. Adoro l'impegno per il sociale e la lotta per il rispetto dei diritti universali. L'Italia mi sta stretta, mi piace conoscere le culture di tutto il mondo, da ognuna possiamo arricchirci. |
Io ero qui: Wolisso, Etiopia |
Guida semiseria per riconoscere un medico italiano e un medico africano
Giulia, 26 anni Neolaureata Università di Verona Sorridi alla vita e la vita ti sorriderà. |
Io ero qui: Wolisso, Etiopia |
La formazione innanzitutto: il medico in Africa deve sapere “un po’ di tutto” e si dedica da un punto di vista epidemiologico a patologie anche molto diverse da quelle che ci sono in Italia. L’inquadramento della malattia, come fare diagnosi e come impostare la terapia devono essere ben chiari nel tuo cervello e nella tua memoria. Spesso non c’è internet che può aiutarti, non ci sono mille specialisti a cui richiedere consulti. Ci sei tu, la tua preparazione, e perché no, anche dei bellissimi libroni da consultare quando non sai dove sbattere la testa. Ci sono medici con una preparazione poliedrica, chirurghi che sanno gestire quasi ogni situazione.
A lezione di Africa, per medici italiani
Sofia, 24 anni V anno , Università di Trieste Dico sempre quello che penso, tipo: non so descrivermi in una riga :) |
Io ero qui: Wolisso, Etiopia |
Al rientro in Italia avrei voluto mettere in valigia tante cose, portarle con me in ospedale a Trieste e poterne fare tesoro. Perché sono tante le cose che i medici italiani dovrebbero imparare dall’Africa.
L’umiltà, per cominciare. Dovrebbero imparare a rapportarsi con i pazienti senza presunzione, annullando le distanze e il distacco.
Dovrebbero abbandonare formalismi inutili e prestare più attenzione alle cose davvero importanti che possono agevolare la pratica medica e il percorso intrapreso con il paziente.
Una cartolina dall’Etiopia
Cecilia, 27 anni Modena - Specializzanda in psichiatria Ho un mappamondo sul comodino, adoro viaggiare e stare a contatto con la natura. Non sopporto le ingiustizie. |
Io ero qui: Wolisso, Etiopia |
Guida semiseria per riconoscere una mamma africana e una mamma italiana
Silvia, 26 anni Università di Brescia Sono vegetariana, amo gli animali e la natura e adoro correre: è una delle cose che mi fa sentire davvero bene. |
Io ero qui: Tosamaganga, Tanzania |
18/06/2015 - Dopo un mese nell'ospedale di Tosamaganga sono pronta a darvi le indicazioni di base per riconoscere una mamma italiana da una mamma africana.
E non sto parlando del colore della pelle, e nemmeno di quello dei vestiti.
- Le mamme italiane sono molto più apprensive e...nevrotiche ;-) Già a partire dal giorno in cui scoprono di essere incinte. Le mamme africane lo sono di meno ma non è certo perché non tengono al proprio bambino. Quel che ho percepito è che sono preparate alle eventuali perdite, perché sanno di vivere in un paese con un alto tasso di mortalità infantile.
- Le mamme tanzaniane danno il nome al bambino solo dopo che è nato, addirittura un mese dopo.
- Molte mamme africane non guardano lo schermo dell'ecografo mentre viene loro eseguita una ecografia. Questo, mi è stato spiegato, è per una questione religiosa/culturale: il bimbo, finchè è nel pancione, è come se vivesse in una sorta di mondo spirituale che non va profanato, per questo le mamme non vogliono vedere.
Ricordi da Wolisso
Astrid, 25 anni Neolaureata da Treviso Amo la nutella e non sopporto gli scarafaggi volanti. |
Io ero qui: Wolisso, Etiopia |
16/06/2015 - La prima cosa che mi viene in mente pensando a Wolisso è un ricordo emotivo: la prima volta che ho tentato di rianimare una bambina. Aveva 4 anni ed era stata ricoverata per una gastroenterite ma, chissà perché, quel giorno il suo cuore si è fermato. Abbiamo iniziato subito le manovre rianimatorie e chiesto all'infermiera l'adrenalina che è arrivata dopo 7 minuti perché il farmaco non era disponibile in quel reparto. La bambina non ce l'ha fatta.
Questo racconto riassume un po' la mia esperienza: la mia voglia di mettermi in gioco e la possibilità di fare qualcosa come medico; il senso di inutilità di fronte a una situazione che in Italia avrebbero esito diverso; la rabbia per aver incontrato problemi logistici e organizzativi che, con poco sforzo, potevano essere risolti, migliorando le cure. Come l'adrenalina quel giorno.
Da Tosamaganga e Wolisso a Padova
Letizia, 25 anni Trieste - V anno di Medicina Mi piace la montagna e il profumo della pioggia d'estate, penso che il miglior mezzo di trasporto siano i propri piedi, mi piace camminare e condividere la strada. |
Io ero qui: Tosamaganga, Tanzania |
09/06/2015 - Padova, via s.Francesco, più o meno ore 11.00 (in stile africano anche se siamo in Italia). Qui oggi ci siamo ritrovati, o meglio, ritrovate in 10 ragazze partite per l'esperienza a Wolisso o Tosamaganga negli ultimi due anni e ora rientrate alla vita italiana. Ci siamo ritrovate per condividere quello che é stata la nostra esperienza e fare una valutazione insieme al Cuamm del valore di questo progetto: abbiamo cominciato con un cestino dove abbiamo gettato le cose che non ci sono piaciute, gli scarafaggi e tutte quelle fritture tanzaniane ad esempio! Su un comodino abbiamo appoggiato, come fosse un libro, tutto ciò che non é stato nè bello nè brutto ma semplicemente fonte di riflessione, i divari tra nord e sud del mondo ad esempio e il ruolo del medico in Africa. In una valigia invece abbiamo messo tutto quello che dall'Etiopia e dalla Tanzania abbiamo portato a casa: sensazioni, consapevolezza, punti di vista, cibo, natura, persone.
La natura regna
Maria Elisabetta, 25 anni Laureata. Putignano (Bari) |
Io sono qui: Tosamaganga, Tanzania |
29/05/2015 - "Qui è ancora la natura a dominare sull'uomo" diceva sull'Africa un autore nel suo libro-diario di viaggio.
E di questo ho fatto esperienza anche io quotidianamente nel corso della mia breve permanenza qui. Penso ad esempio al fatto che qui si contano le ore del giorno a partire dall'alba (quindi le nostre 7 del mattino qui corrispondono all'una) e subito ti viene spontaneo adattarti al ritmo solare per cui andare a dormire alle 10..beh è già tardi!